FOGGIA – Un nuovo episodio di violenza scuote il carcere di Foggia, dove un agente di polizia penitenziaria è rimasto ferito a una mano mentre coraggiosamente interveniva per difendere il medico di guardia dall'aggressione di un detenuto con evidenti problemi psichiatrici. L'episodio, avvenuto martedì 17 giugno, è stato reso noto dal segretario nazionale del Sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria (Sappe), Federico Pilagatti, che ha denunciato la grave situazione di insicurezza che caratterizza molte strutture detentive pugliesi.
L'aggressione rappresenta l'ennesimo campanello d'allarme sulla gestione di detenuti con problematiche psichiatriche all'interno del sistema penitenziario ordinario, evidenziando le difficoltà quotidiane affrontate dal personale di custodia e sanitario operante nelle carceri italiane.
La dinamica dell'aggressione
Il detenuto responsabile dell'aggressione, di origini baresi e con una storia clinica caratterizzata da disturbi mentali, aveva richiesto di essere sottoposto a visita medica ed era stato regolarmente accompagnato dal medico di guardia da un agente di polizia penitenziaria, nel pieno rispetto delle procedure di sicurezza previste per questo tipo di situazioni.
Durante la visita medica, tuttavia, il detenuto ha avanzato richieste che, secondo quanto riferito dal sindacalista Pilagatti, non potevano essere esaudite dal professionista sanitario per ragioni deontologiche e regolamentari. Il rifiuto motivato del medico di accogliere tali richieste ha scatenato una reazione violenta e incontrollata del detenuto, che ha immediatamente afferrato una spillatrice presente nell'ambulatorio penitenziario.
L'eroico intervento dell'agente
Con gesto fulmineo e particolare violenza, il detenuto ha scagliato l'oggetto contundente contro il medico, mirandogli al volto. Solo l'intervento tempestivo e coraggioso dell'agente di polizia penitenziaria presente ha evitato conseguenze che avrebbero potuto essere drammatiche per il personale sanitario. Il poliziotto ha infatti intercettato con una mano la traiettoria della spillatrice, subendo ferite lacero-contuse che hanno richiesto punti di sutura e comportato una prognosi di sette giorni.
Senza questo provvidenziale intervento, l'oggetto metallico avrebbe molto probabilmente colpito il medico al volto, causando lesioni di gravità ben superiore e potenzialmente permanenti. L'episodio mette in evidenza ancora una volta i rischi quotidiani affrontati dal personale penitenziario e sanitario operante nelle carceri, costantemente esposto alla violenza di detenuti con disturbi comportamentali e psichiatrici.
Un “serial killer” delle carceri pugliesi
Particolarmente preoccupante è quanto emerge dalla denuncia del Sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria riguardo ai precedenti del detenuto protagonista dell'ultima aggressione. Secondo il segretario nazionale Pilagatti, infatti, lo stesso soggetto si sarebbe già reso responsabile di episodi analoghi in altre strutture penitenziarie della regione, configurando un quadro di pericolosità sociale seriale che solleva gravissimi interrogativi sulla gestione di casi simili da parte dell'amministrazione penitenziaria.
Il sindacato denuncia con forza quello che definisce un sistema inadeguato basato su semplici trasferimenti da un istituto penitenziario all'altro, senza l'adozione di misure efficaci per neutralizzare definitivamente la pericolosità di questi soggetti. “È possibile che un delinquente simile che ha spedito in ospedale tante persone possa tranquillamente imperversare nei nostri penitenziari con licenza di uccidere?” si interroga amaramente il rappresentante sindacale.
La denuncia del Sappe: “Servono provvedimenti drastici”
La denuncia del Sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria non si limita al singolo episodio, ma affronta il problema strutturale della gestione di detenuti psichiatrici violenti all'interno del sistema penitenziario pugliese. “Perché si deve aspettare che questi pazzi ammazzino qualcuno prima di prendere provvedimenti e renderli innocui?” si chiede con forza Pilagatti, denunciando l'inadeguatezza delle misure attualmente adottate.
Il sindacato evidenzia come soggetti di comprovata pericolosità continuino a “seminare impunemente sofferenza tra l'indifferenza dell'amministrazione penitenziaria”, che si limiterebbe a spostarli da una struttura all'altra senza affrontare il problema alla radice. La richiesta è categorica: provvedimenti coatti che mettano questi detenuti “in condizione di non far male più a nessuno”.
La necessità di strutture specializzate
L'episodio del carcere foggiano riporta alla ribalta la questione irrisolta della gestione di detenuti con gravi problemi psichiatrici all'interno del sistema penitenziario ordinario. La chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, avvenuta senza un'adeguata riorganizzazione del sistema, ha infatti scaricato sulle carceri ordinarie la gestione di soggetti che richiederebbero strutture e personale specializzati.
Il personale di polizia penitenziaria e sanitario si trova così quotidianamente a dover gestire situazioni di estrema pericolosità senza gli strumenti adeguati, esponendosi a rischi inaccettabili per la propria incolumità. Il caso del detenuto barese rappresenta un esempio emblematico di come l'attuale sistema non sia in grado di garantire né la sicurezza del personale né un trattamento adeguato per soggetti che necessiterebbero di cure psichiatriche specialistiche in ambiente protetto.
L'agente ferito nell'episodio di martedì è stato medicato e dimesso con una prognosi di sette giorni, ma il suo gesto eroico ha evitato conseguenze ben più gravi. Resta tuttavia il problema di fondo: fino a quando il sistema penitenziario pugliese potrà contare solo sul coraggio individuale dei suoi operatori per fronteggiare situazioni di così estrema pericolosità?